Ti invito a fare una cosa diversa dal solito: togli il filtro che separa ogni giorno la tua azienda dal mondo esterno. Le telefonate, le e-mail, gli ordini che viaggiano da un gestionale all’altro: tutto avviene a distanza, tutto resta, agli occhi di chi compra da te, parzialmente invisibile.
Ora prova a capovolgere il punto di vista. Cosa accadrebbe se invitassi clienti, fornitori, partner o nuovi contatti a varcare fisicamente quella soglia? Non per un incontro commerciale, ma per entrare nel vivo della tua organizzazione, vedere con i propri occhi le persone, i meccanismi, le scelte operative che danno forma al tuo lavoro quotidiano?
Organizzare un open day, se fatto con intelligenza, non è una gentile concessione ma un atto di leadership.
Vuol dire prendere in mano la narrazione della tua impresa e offrirla in modo trasparente, solido, concreto. Far vedere che dietro ogni pallet, dietro ogni delivery perfettamente in orario, c’è una macchina organizzativa complessa e curata.
Non ti serve una scenografia. L’open day funziona se riflette la tua identità. Se chi entra in azienda sente subito che non sei lì per stupire, ma per raccontare come lavori davvero. Un cliente che varca la soglia del tuo magazzino e vede ordine, precisione, sistemi digitali che tracciano ogni fase, un team preparato che sa esattamente cosa fare, avrà un’immagine ben diversa da quella costruita solo sui listini. E questa immagine lavora per te, anche dopo che l’evento è finito.
Siete un gruppo coeso!
Aprire le porte della tua azienda è anche un gesto culturale. Significa dare valore alle persone che ci lavorano. Non c’è nulla di più potente, per un collaboratore, che sentirsi ambasciatore del proprio operato. Spiegare a un ospite come si lavora in ricevimento merci, come si gestisce la logistica, come si preparano gli ordini con criteri di efficienza e sicurezza, trasforma il lavoro quotidiano in consapevolezza professionale. E rafforza un senso di appartenenza che nemmeno la migliore convention aziendale riuscirebbe a generare.
Organizzare tutto questo richiede metodo, non improvvisazione.
La differenza tra un open day che lascia il segno e uno che si dimentica in fretta sta nei dettagli. Tu devi costruire un’esperienza. Far camminare l’ospite dentro ai flussi, permettergli di ascoltare e interagire. Offrirgli informazioni, sì, ma anche emozione. La scelta dei percorsi, la preparazione del personale, l’equilibrio tra momenti tecnici e momenti più relazionali fanno la qualità dell’incontro.
Puoi prevedere un momento iniziale di accoglienza con un’introduzione ai numeri dell’azienda, ma anche una pausa informale dove scambiare due parole davanti a un caffè. Puoi mostrare il tuo gestionale in funzione, ma anche lasciare spazio a un racconto umano, alle storie di chi lavora con te da vent’anni o ha appena iniziato. Puoi chiudere con un talk a più voci, coinvolgendo magari anche clienti o partner. O con una semplice domanda: “Cosa vi aspettavate di trovare? E cosa avete trovato,
Adesso rilancia
I contenuti che puoi generare da un open day — foto, video, interviste, testimonianze — sono un patrimonio di narrazione prezioso. Raccontano chi sei in modo autentico, molto più di qualsiasi slogan pubblicitario. E possono vivere molto più a lungo dell’evento stesso, portando valore al tuo brand e alimentando la reputazione aziendale.
Alla fine, cos’è un open day? È una mentalità aperta. È il desiderio di creare relazione attraverso la verità del lavoro quotidiano. È dimostrare che non hai bisogno di slogan per convincere: ti basta far vedere, toccare, ascoltare. E quando chi entra se ne va con un’idea più chiara, più profonda e più positiva di te, allora sai che l’investimento ha generato qualcosa che nessun preventivo può misurare: fiducia.
Quando è stato il tuo ultimo open day? Cosa è successo durante quella giornata?
Scrivi a mit@ristopiulombardia.it la tua esperienza, la condividerò con la community.